Le chiedo: “Come arriva – o come rinasce (arriva o rinasce?) – Lighea nella tua poesia?”

E lei dice: “Lighea rinasce dall’acqua, da un colore, il verde-blu abissale che pennella il libro (io stessa mi sono accorta della preponderanza di questo colore solo alle riletture seguite a stesura e montaggio dell’intera raccolta). Sono le “verdinegras hondas” di Calderon de la Barca; Tomasi di Lampedusa è un punto in mezzo alla bolla d’acqua della mia memoria: un tempo lessi “La sirena” – il racconto mi era stato consigliato da un amico – e mi piacque quella figurina che spunta dal mare e scompare poco dopo e condiziona per sempre il sentimento del protagonista del racconto. Lighea ha attraversato gli anni come una figura di odore e luce per me, presente seppur dimenticata nell’abisso di altro venuto dopo – altre letture, altre storie, altri libri, altra esistenza – e ricomparsa paradossalmente in montagna, sui Sibillini, come soccorritrice. Lighea è riemersa per soccorso, soccorso di lingua, soccorso di immaginario, soccorso di simbolo. Ciò che dalla mia voce in versi si doveva sprigionare per mostrare indicare e dire ciò che registravo o presagivo necessitava del suo nome, della sua essenza non classificata.”

Domenica 15 aprile – dalle ore 18,00

Libreria La Porta Gialla

Via Arnaldo Parmegiani, 10 – Tivoli

Lettura di LIGHEA di Mariagiorgia Ulbar